Matrimoni Civili e Religiosi
Una volta che hanno deciso di sposarsi, i fidanzati (che nel linguaggio legale prendono il nome di “nubendi”) dovranno scegliere la forma di matrimonio da contrarre. Su questo punto si rileva nella pratica una certa confusione. Diciamo preliminarmente che esistono quattro forme di matrimonio: il matrimonio civile, religioso, concordatario e acattolico. L’unione civile e i patti negoziali sono invece le forme di convivenza riconosciute dallo Stato che andremo a illustrare più avanti con riferimento alla nuova legge.
Il matrimonio civile è quello celebrato davanti a un ufficiale di stato civile e riconosciuto solo dallo Stato Italiano ma non dalla Chiesa Cattolica. Dalla celebrazione di questo tipo di matrimonio (come pure dal matrimonio religioso riconosciuto) derivano precise conseguenze disciplinate dagli artt. 143 e seguenti del Codice civile, concernenti sia i rapporti personali sia i rapporti patrimoniali tra i coniugi.
Non ha subito alcuna modifica il matrimonio religioso che è il matrimonio cattolico, celebrato in chiesta davanti al sacerdote e riconosciuto solo dalla chiesa cattolica. È soggetto alla particolare disciplina contenuta nel Codice di diritto canonico che regola sia la celebrazione del matrimonio sia i precisi diritti e obblighi dei nubendi. Il solo matrimonio religioso contratto davanti a un ministro del culto cattolico non produce effetti civili, rimanendo un atto esclusivamente religioso e irrilevante per lo stato italiano.
Matrimoni Concordatari e Acattolici
Il matrimonio religioso può essere riconosciuto anche dallo Stato e produrre effetti civili se viene trascritto negli appositi registri: si parla allora di matrimonio concordatario, espressione che deriva dal fatto che è stato introdotto nel nostro ordinamento dal Concordato dell’11 febbraio 1929 (i Patti Lateranensi tra l’Italia e la Santa Sede). Pertanto il matrimonio concordatario è riconosciuto sia dallo Stato che dalla Chiesa Cattolica e dunque è sottoposto sia alle norme del Codice Civile sia – per determinati aspetti – anche alle norme del diritto canonico. A seguito della sentenza della Cassazione 13 febbraio 1993, n. 1824, che ha escluso la competenza esclusiva dei tribunali ecclesiastici, a giudicare della validità del matrimonio concordatario sono anche i tribunali civili. Tale circostanza apre un importante problema rappresentato dalla possibilità di avviare due processi paralleli – l’uno davanti alle corti ecclesiastiche, l’altro davanti a quelle civili. Per quanto riguarda la celebrazione, essa avviene davanti a un ministro del culto cattolico secondo le regole del diritto canonico ed è seguito dalla trascrizione dell’atto nei registri di stato civile.
Il matrimonio acattolico è un matrimonio religioso celebrato davanti al ministro di un culto non cattolico riconosciuto dallo Stato (per esempio, ebraico, valdese ecc.). Produce effetti civili solo se trascritto nei registri dello stato civile poiché dal punto di vista dello Stato sono irrilevanti le norme delle singole confessioni che lo disciplinano. Dal punto di vista civile, infatti, il matrimonio acattolico è una “variante” del matrimonio civile celebrato dal ministro del culto acattolico come delegato dell’ufficiale di stato civile. I requisiti del matrimonio acattolico necessari per il riconoscimento degli effetti civili sono diversi in base al rapporto esistente tra la confessione religiosa da parte dello Stato.
In entrambi i casi gli effetti civili (e quindi le conseguenze patrimoniali dell’eventuale divorzio) si producono dal giorno stesso della celebrazione. Per le restanti questioni si applicano le disposizioni del Codice civile concernenti il matrimonio celebrato davanti all’ufficiale di stato civile. In particolare, sono disciplinati dalla legge italiana i presupposti necessari per contrarre matrimonio, le formalità preliminari richieste nonché le ipotesi di nullità o annullabilità del vincolo.