La Comunione dei Beni
Secondo l’art. 159 c.c., nel caso in cui i coniugi (o le parti dell’unione civile) non prevedano nulla in merito alla disciplina dei loro rapporti patrimoniali, questi ultimi saranno regolati secondo il regime della comunione legale, disciplinata dagli art. 177-209 c.c. Tale regime attribuisce ai due la proprietà di comunione dei beni acquistati durante il matrimonio. Il regime di comunione legale infatti, può essere definitivo come la contitolarità in capo ai coniugi dei diritti di proprietà relativi a determinati beni (per precisare, quelli acquistati da uno o dall’altro o da entrambi in data successiva a quella del matrimonio).
Caratteristica particolare della comunione legale (che la distingue dalla comunione ordinaria disciplinata dagli art. 1100 e seguenti) è il fatto che nessuno dei coniugi può autonomamente porre fine alla comunione. La legge prevede regole precise che stabiliscono quali sono i beni che fanno parte della comunione, i diritti e i poteri dei coniugi nella gestione di tali beni e la responsabilità per i debiti.
Un errore in cui è possibile incorrere consiste nel ritenere che con il matrimonio tutti i beni dei due coniugi (quindi anche quelli di proprietà di ciascuno prima del matrimonio) ricadano automaticamente nella comunione. Ciò non è corretto, in quanto rientrano nella comunione legale solo i beni acquistati o prodotti durante il matrimonio, restando invece esclusi i beni personali, ossia quelli posseduti in precedenza da ciascuno dei coniugi e gli altri specificatamente qualificati come personali dalla legge. Vediamo nello specifico quali sono i beni soggetti alla comunione.
I Beni in Comunione
Sono quelli appartenenti egualmente a entrambi i coniugi. È necessario distinguere tra:
- beni che cadono immediatamente in comunione (cosiddetta comunione immediata), ossia:
- gli acquisti fatti durante il matrimonio sia congiuntamente che separatamente;
- le aziende costituite dopo il matrimonio e gestite da entrambi;
- gli utili e gli incrementi dell’azienda di proprietà di uno solo dei due prima del matrimonio, ma che sia gestita a entrambi dopo il matrimonio
- beni personali, cioè di proprietà di un solo coniuge, ma che diventano automaticamente di proprietà comune nel momento in cui la comunione si scioglie (es. in caso di morte di un coniuge o divorzio). Tali beni fanno parte della cosiddetta comunione de residuo, ossia comunione di ciò che resta. Si tratta in particolare :
- dei frutti dei beni personali di ciascun coniuge,
- dei proventi dell’attività separata di ciascuno,
- degli incrementi dell’azienda costituita prima del matrimonio e gestita da un solo coniuge dopo il matrimonio.
I Beni Personali
I beni personali sono quelli che, nonostante il matrimonio e anche se acquistati successivamente, restano di esclusiva proprietà di ciascun coniuge. Sono quelli elencati dall’art. 179 c.c.:
- i beni di cui ciascun coniuge era proprietario prima del matrimonio, o, comunque, che fino a quel momento facevano parte del suo patrimonio;
- i beni ricevuti in donazione, o per successione (salvo che l’atto di donazione o successione preveda espressamente che tali beni siano attribuiti alla comunione),
- i beni di uso strettamente personale e i loro accessori,
- i beni che servono per lo svolgimento dell’attività professionale,
- i beni acquistati con il denaro ottenuto dalla vendita di un bene personale;
- i beni ottenuti quale risarcimento di un danno subito o a titolo di pensione per invalidità;
- le aziende costituite prima del matrimonio.
Una regola particolare è prevista per l’acquisto di un bene immobile o di un bene mobile registrato (come una nave o un’automobile); la legge infatti consente che siano esclusi dalla comunione per i motivi di cui ai punti 3,4 e 5, ma solo se l’esclusione risulti dall’atto di acquisto e inoltre se l’altro coniuge abbia preso parte all’atto stesso (insomma, tutto deve essere svolto in modo trasparente).
Gestione dei Beni in Comunione
A chi spetta la gestione dei beni della comunione? In ossequio al principio di uguaglianza tra coniugi, la legge attribuisce il potere di amministrazione a entrambi i coniugi (o ad entrambe le parti dell’unione civile), anche disgiuntamente (art. 180 c.c.). È però necessario distinguere tra:
- atti di ordinaria amministrazione, che possono essere compiuti da ciascun coniuge singolarmente, senza che la legge richieda la partecipazione o il consenso dell’altro. Con riferimento a tali atti, è riconosciuta a ciascuna delle parti anche la rappresentanza processuale, ossia la possibilità di compiere disgiuntamente atti processuali (per esempio, citare in giudizio il venditore di un bene della comunione difettoso per chiedere la restituzione del prezzo);
- atti di straordinaria amministrazione, cui devono aggiungersi la stipulazione di contratti per l’acquisto o la cessione di diritti personali di godimento (es. contratto di locazione) non ché i relativi atti processuali. Tali atti devono necessariamente essere compiuti congiuntamente, poiché subordinati al consenso si entrambi.
È necessario, al riguardo, verificare quali siano le sorti di un atto di straordinaria amministrazione compiuto da un solo coniuge senza il preventivo consenso dell’altro. In tale ipotesi, secondo l’art. 184 c.c., l’altro coniuge può dare il proprio consenso (espressamente o implicitamente) dopo il compimento dell’atto. L’altro coniuge può non dare il proprio assenso: se l’atto compiuto riguarda un bene immobile o un bene mobile registrato, l’atto risulta invalido; se invece si tratta di un atto mobile, l’atto è valido anche senza il consenso dell’altro coniuge.
La legge prevede alcuni casi in cui l’amministrazione dei beni è affidata a uno solo dei coniugi. Ciò avviene nel caso in cui uno dei due si trovi nell’impossibilità materiale di provvedere all’amministrazione dei beni della comunione perché lontano (es. all’estero) o a causa di un altro impedimento.
Pagamenti nella Comunione
Nella comunione legale ciascuno dei coniugi è titolare esclusivo di un proprio patrimonio (beni personali) e contitolare, insieme all’altro, dei beni della comunione. Ciò detto, chi pagherà le spese eseguite per l’acquisto di un mobile? Come si può stabilire se un coniuge deve prelevare il denaro necessario a pagare i debiti dal proprio patrimonio personale o da quello della comunione? E se i soldi dell’uno o dell’altro non bastano? Sono domande ricorrente alle quali è possibile rispondere verificando innanzitutto se la spesa viene eseguita per soddisfare le esigenze della famiglia oppure per interessi personali del singolo o, in generale, per interessi estranei alla famiglia. Secondo l’art. 189 c.c:
- per i debiti contratti al fine di soddisfare interessi della famiglia, risponderanno, in primo luogo, i beni della comunione e, se questi risultassero insufficienti, i patrimoni personali dei coniugi nel limite della metà del debito;
- per i debiti contratti da uno dei due per soddisfare interessi estranei alla famiglia dovrà rispondere, in primo luogo, il coniuge che ha contratto il debito con il proprio patrimonio personale e, se insufficiente, il creditore potrà rivalersi sui beni della comunione nel limite del valore al massimo fino al 50% del valore di ogni bene comune. Il coniuge debitore sarà però tenuto a rimborsare alla comunione la quota del patrimonio comune corrisposta al debitore personale. L’unica eccezione è prevista nel caso in cui, trattandosi di un atto di straordinaria amministrazione, il coniuge dimostri che esso sia stato vantaggioso per la comunione o, comunque, per il soddisfacimento di una necessità familiare.
Scioglimento della Comunione
Nessuno dei due coniugi può decidere singolarmente e autonomamente di porre fine alla comunione legale. Infatti, lo scioglimento della comunione legale può avvenire solo nei casi indicati dagli art. 191 e 193 c.c.:
- circostanze incompatibili con il proseguimento della comunione (es. la morte o assenza di iuno dei due, separazione personale o divorzio, fallimento di uno dei due;
- accordo tra le parti: la comunione può essere sciolta nel caso in cui i coniugi decidano congiuntamente di abbandonare il regime di comunione legale e di adottarne un altro.